Durante il conflitto della seconda guerra mondiale, in Italia si diffuse il termine volgare naja, come sinonimo di vita militare, soprattutto nell’Italia settentrionale, successivamente esteso a tutto il territorio italiano. Probabilmente derivato dalla lingua veneta (purtroppo teatro delle battaglie del conflitto) te-naja, inteso come “morsa”, “tenaglia”, indica, in senso dispregiativo, la vita militare che obbliga un individuo a strapparsi dai propri affetti per subordinarsi alle gerarchie militari.
La piccola pentola chiamata in dialetto milanese “schiscetta” in cui i militari mangiavano era in alluminio, come pure i piatti e i bicchieri, cose molto umili. Nella schiscetta che possiedo, c’è inciso, probabilmente con un chiodo o un ferro, la parola NAIA, che mi ha colpito molto e così nella composizione ho voluto ricreare un momento di un ragazzo che sta prestando il servizio militare. La coperta strappata perché consumata, è stata di mio suocero Lino, con la quale si è congedato dal servizio militare. L’immagine dello zaino l’ho ricercata su internet, mentre la borraccia, presa in prestito da una mia cugina, è stata di un suo nonno
Anche in questa composizione, la memoria riannoda i fili col passato, restituendoci l’immagine di un ricordo che ovviamente non ho vissuto, ma che ho cercato di ricreare sulla tela.
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